Funnel di vendita e corso di make up: ecco cosa NON fare

funnel di vendita corso make up genova

Voglio raccontarvi una mia esperienza diretta in riferimento al cosiddetto funnel di vendita (o funnel di conversione). Ma cosa è questa creatura mitologica di cui tanti professionisti del web marketing parlano?

Cosa è il funnel di vendita (o di conversione)

Il funnel di vendita o di conversione, può essere rappresentato come un imbuto (un sito web o una sezione di esso) che raccoglie le visite dei potenziali clienti e li incanala, un passo alla volta ed – eventualmente – in tempi diversi, sino a farli diventare clienti veri e propri. Il motivo per cui è rappresentato come un imbuto deriva dal fatto che più scendiamo verso il basso, più perdiamo traffico/visitatori. Si stima che a partire dal traffico complessivo di un certo sito, solo una piccolissima parte di esso (percentuale a una cifra) diventa realmente un cliente.

Si stima inoltre che circa il 50% dei visitatori abbandona la landing page entro i primi 8 secondi di visita.

Ecco una immagine esplicativa:

funnel di vendita conversione

Il funnel di vendita (o di conversione)

 

Ma lasciamo un attimo da parte la teoria e vediamo un po’ di pratica: per farlo vi racconto un fatto accaduto pochi giorni fa.

Il funnel di vendita di un corso di make up

In vista delle imminenti festività natalizie, mi è venuta in mente l’idea di regalare un corso di make up alla mia compagna, grande appassionata dell’argomento. Ovviamente, avevo già in mente il budget massimo che ero disposto a spendere.

Voi vi chiederete cosa c’entrano le lezioni di trucco con il funnel di vendita? Seguitemi e capirete alcune cose che NON dovreste fare se avete avviato una attività di vendita di prodotti o servizi, tramite i classici canali online (social, ricerca organica o a pagamento su google, ecc.).

Fase #1: generare traffico

Come il più classico degli utenti internet, la prima operazione che ho fatto è stata quella di andare su un motore di ricerca (Google Search la fa da padrone in questi casi) e inserire le parole chiave (o keywords) che ho ritenuto più opportune: in questo caso la sequenza di parole prescelta è stata “corso di make up genova”.

Ovviamente l’attenzione cade sui primi risultati della ricerca e, dopo aver letto velocemente tutti i risultati della prima pagina, nella mia mente avevo già identificato le due/tre aziende e professionisti che potevano fare al mio caso.

[alert-announce]Suggerimento: quando pubblicizziamo un nostro prodotto o servizio tramite un sito internet, attenzione a mettere in pratica tutte le buone pratiche per ottenere un buon posizionamento (il migliore possibile) tramite la SEO (search engine optimization). Inoltre, se abbiamo budget a disposizione, possiamo anche pensare di implementare una campagna a pagamento tramite Google Ads o Facebook Ads (o similari).[/alert-announce]

Il primo risultato è stato ottenuto: ho una short list di alcune aziende, ma non le conosco. D’altra parte io lezioni di make up non ne ho mai seguite, né intendo iscrivermi in futuro a nessuno di esse. Quindi non conosco la qualità e i contenuti dei corsi proposti e – soprattutto – non conosco la reputazione di queste aziende. Quindi ho la necessità di conoscere cosa si dice in giro di loro, di capire l’esperienza di qualche persona reale che ha seguito uno o più di questi corsi per sapere come si è trovata e se è rimasta soddisfatta. Ma dove posso trovare queste informazioni? Dal momento che i corsi sono destinati a persone e non ad un target business, decido di verificare su un social network se ci sono queste informazioni, e dunque scelgo il social “retail” per eccellenza: Facebook.

[alert-announce]Suggerimento: le persone consultano le pagine Facebook aziendali (anche) per verificare la reputazione delle aziende o dei prodotti/servizi, quindi è auspicabile che ogni azienda abbia (almeno) un social in cui è presente, e che venga gestito e presidiato adeguatamente.[/alert-announce]

La mia ricerca su Facebook ha esito positivo, la pagina aziendale esiste, ha un buon seguito e non leggo commenti negativi.

Inoltre noto un particolare, a mio avviso positivo: l’azienda in questione ospita sul proprio blog (con relativa ripubblicazione sulla sua pagina Facebook) alcuni guest post di professionisti che conosco e di cui nutro profonda stima.

[alert-announce]Suggerimento: se possibile, utilizziamo influencer del nostro settore per ospitare sul blog aziendale qualche guest post che parli dei nostri prodotti, in modo più o meno diretto. Se io conosco il Sig. Pinco Pallino e so che è un professionista competente, sarò portato a dare più credito all’azienda per cui lui scrive o fa recensioni: ovviamente, sarà cura dell’influencer accettare di scrivere solo per aziende a cui è sicuro di poter “prestare” il proprio nome senza fare brutte figure.[/alert-announce]

Il funnel di vendita in questo caso ha iniziato la sua prima fase in modo egregio: ottimo posizionamento su Google, presenza sui social network, recensioni neutre o positive sull’azienda e/o sul prodotto. A questo punto torno sul motore di ricerca e faccio click sul primo risultato che Google mi propone.

Fase #2: generare lead

In questo preciso momento il funnel è entrato nella seconda fase. Ebbene sì, sono diventato un visitatore del sito aziendale e ora la mia attenzione è focalizzata su una singola azienda, la mia prima scelta.

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Image credit: http://ohdeargraphics.blogspot.it

Per comodità (e per riservatezza), chiamerò questa azienda ACME, in onore del grande Wile E. Coyote.

Bene, mi trovo sulla landing page di un prodotto (o di un servizio) della società ACME, che ora mi può mostrare informazioni più dettagliate su ciò che stavo cercando e – soprattutto – anche su ciò che NON stavo cercando.

Dovete sapere che recentemente ho acquistato la mia prima macchina fotografica reflex, che sto attualmente utilizzando in modalità automatica. Ma per deformazione professionale, non posso accettare che sia la tecnologia a dominare l’essere umano, ma dev’essere il contrario. Quindi mi ero ripromesso di fare un corso di fotografia, giusto per apprendere le basi dell’utilizzo della reflex in modalità manuale. Seguo un paio di link ed arrivo alla landing page di un altro corso a portafoglio: che combinazione, un corso di fotografia!

[alert-announce]Suggerimento: sul vostro sito aziendale, prestate molta attenzione alla composizione dei menu di navigazione e alla link building interna (ovvero articoli o pagine che si collegano tra di loro tramite link) in modo coerente. Se vendete penne, carta e matite ci sono buone possibilità che il vostro potenziale cliente interessato alle penne, in realtà usi anche la carta e le matite e che dunque sia predisposto per fare un unico acquisto![/alert-announce]

Per la ACME quello poteva essere un giorno fortunato: cercavo un corso, ma ero realmente intenzionato ad acquistarne due. Una grande occasione!

Consulto le caratteristiche dei due corsi che vorrei acquistare, leggo i nomi dei docenti (rapido giro in rete per capire chi sono, cosa fanno e cosa hanno fatto, e la loro reputazione online) ma noto che mancano i prezzi. Ero ancora nello stato di visitatore, sarebbe bastato un solo click per spezzare i sogni della ACME per la vendita di due corsi in una volta sola.

La cosa non mi piace, inizio a pensare male della ACME, perché mai mi propone un suo prodotto e me lo descrive ma poi non mi dice quanto costa? Cosa ci sarà sotto? Io sono ancora un povero visitatore, la ACME non sa nulla di me (un paio di plugin installati sul mio browser impediscono anche eventuali profilazioni o retargeting succesivi), io quasi quasi faccio click su “chiudi finestra”.

[alert-announce]Suggerimento: se vendete un prodotto o un servizio, indicate sempre il prezzo. Per quale motivo alcune aziende non lo fanno? Paura di essere troppo alti? Troppo bassi? Hanno paura di un controllo fiscale? Hanno paura che i concorrenti sappiano a quanto vendono i loro prodotti? Ecco, a mio avviso su questo fronte le aziende possono stare serene perché queste informazioni si ottengono comunque, anche se non sono indicati i prezzi. Anzi, questo comportamento fa solo perdere tempo prezioso al visitatore che in quel preciso momento sta decidendo se proseguire o meno la navigazione sul sito.[/alert-announce]

Comunque la ACME mi è simpatica, ha un bel sito, fatto bene. Ha buone referenze e una ottima reputazione. Ma sì, decido di darle un’altra opportunità: scorro velocemente il sito alla ricerca dei contatti e scrivo una e-mail, impiegando trenta secondi del mio tempo per richiedere una informazione che – in qualità di potenziale cliente – ho tutto il diritto di avere senza doverla chiederla esplicitamente.

Fase #3: generare prospect

So che molti di voi penseranno “che saranno mai trenta secondi ?”. Bene io vi rispondo dicendovi che avrei potuto fare quel famoso click sul “chiudi finestra” e avrei impegato 0,1 secondi: precisamente trecento volte di meno. Pensate ancora che trenta secondi siano pochi?

Scrivo una e-mail chiara e precisa di una riga per un totale fantasmagorico di venti parole, nella quale chiedo esplicitamente il costo del corso di make up di tipo X (per il momento tralascio il corso di fotografia, ho sempre il dito della mano destra che autonomamente vuole fare click sul “chiudi finestra” e lo tengo a bada con qualche difficoltà).

Ecco, il funnel di vendita come per magia ha fatto un piccolo passo avanti, e da lead sono diventato un contatto / prospect. La ACME ha la mia e-mail (è vero che – a meno di pratiche scorrette – non mi potrà inserire in newsletter o similari, però non sono più uno sconosciuto estraneo, conosce il mio nome, il mio cognome e il mio indirizzo e-mail).

[alert-announce]Suggerimento: nelle pagine o articoli del vostro sito cercate di inserire sempre delle call to action verso i vostri visitatori. Cosa volete che facciano una volta che sono sui vostri contenuti? Volete stabilire una relazione forte chiedendo di compilare un modulo di contatto o di iscriversi alla vostra newsletter? Volete proporre un altro vostro prodotto o servizio?[/alert-announce]

Fantastico, la ACME è quasi arrivata al suo obiettivo, farmi diventare un cliente. Perché le aziende hanno come obiettivo generare profitti, giusto?

Il mio ditino è quasi sconfitto, ho fatto una richiesta esplicita di informazioni sul prezzo delle lezioni di trucco tramite e-mail e ora resta solo da aspettare la risposta. E se la risposta sarà come da mie aspettative, la ACME avrà un nuovo cliente che comprerà due prodotti.

La prima risposta arriva nel giro di pochi minuti (ottimo!), ma la delusione è dietro l’angolo e il ditino che punta al “chiudi finestra” si rinvigorisce immediatamente: la prima riga della risposta è “Gentilissima”.

Come sarebbe a dire “Gentilissima”? Io mi chiamo Pietro, e – peraltro – la declinazione femminile del mio nome è davvero rara (se non inesistente). Perché “Gentilissima”? Ci sarà un auto-risponditore dietro?

[alert-announce]Suggerimento: per quanto possibile evitare gli auto-risponditori alle e-mail e – se proprio non potete farne a meno – cercate almeno di dare un minimo di customizzazione alle risposte. “Gentilissimo” o ancor meglio “Gentilissimo Pietro” sarebbe stata la risposta più adeguata.[/alert-announce]

Fase #4: generare clienti

Sto quasi per darla vinta al ditino assassino (di finestre si intende), quando compare un’altra e-mail che viene re-inviata con il giusto saluto, e il ditino ritorna mestamente al suo posto, sulla tastiera anziché sul mouse dove si era già diretto.

Leggo la restante parte della risposta, e la ACME mi chiede esplicitamente un numero telefonico. Ma perché? Io ho chiesto un prezzo e tu ACME mi rispondi chiedendomi il mio numero di telefono per poter avere tutti i dettagli sui corsi e sui prezzi?

[alert-announce]Suggerimento: se rispondete all’e-mail di un potenziale cliente, focalizzate il contenuto su ciò che chiede. Se poi volete aggiungere altre informazioni o richieste dev’essere fatto in maniera secondaria. Esempio di risposta che mi sarei aspettato: “Gentile Pietro, il corso da noi proposto costa X€”. Oppure “Gentile Pietro, i corsi da noi proposti possono variare da un minimo di X€ a un massimo di Y€”.[/alert-announce]

Il funnel di vendita si è incastrato, non si va ne su ne giù. Eppure la ACME è così vicina alla meta!

Ha superato un paio di ostacoli, e io sono ancora con la landing page del loro sito aperta nel browser. Il ditino si rinvigorisce e con un sorriso beffardo si avvicina al mouse, ma voglio dare un’ultima occasione alla ACME. D’altra parte la mia fidanzata ci terrebbe moltissimo a fare quel corso e io vorrei renderla felice.

Quindi rispondo nuovamente tramite e-mail, investendo altri trenta secondi del mio tempo. Sommati ai precedenti fanno un totale di sessanta secondi: ma ricordiamoci che io avrei potuto fin dall’inizio fare un “chiudi finestra” in 0,1 secondi. Nella mia e-mail di risposta, stavolta un po’ più articolata ma comunque concisa (meno di dieci righe in totale), spiego che se ho scritto una e-mail è perché desidero utilizzare quel mezzo di comunicazione, altrimenti avrei telefonato direttamente visto che sul sito c’è anche il numero di telefono. Inoltre spiego che vorrei avere un riferimento di costo, che peraltro mi sarei aspettato di vedere direttamente sul sito.

Le parti si sono invertite, adesso sono io, potenziale cliente, che devo dare spiegazioni all’azienda da cui voglio/vorrei comprare. Questa ACME dev’essermi proprio simpatica, ho ucciso (finestre) per molto meno.

Purtroppo però la storia tra me e la ACME finisce qui. Nessuna risposta. Il funnel di vendita è stato sconfitto a un passo dalla vittoria finale e il mio ditino, con un ghigno diabolico e sguardo da “Te l’avevo detto io!” si avvicina al mouse e fa click. Chiudi finestra. Sipario.

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